Altra puntata sugli scrittori protagonisti di storie.
Una bozza del racconto, dal titolo provvisorio “L’albergo”, è contenuta nello splendido “On Writing” ( molto più di un manuale di scrittura) e sfruttato come esempio di una corretta revisione del testo, per eliminare il superfluo
Dal racconto definitivo, contenuto nella raccolta Everything’s Eventual (Tutto è fatidico), è stato tratto il film di Mikael Hafström, con John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack (2007).

Si tratta secondo me di due prodotti totalmente diversi, riesce difficile confrontarli.
Il film differisce molto dal racconto, per il respiro più ampio e per le espansioni narrative, assenti nella versione originale.
Comunque la vera protagonista è la stanza d’albergo, che rende reali tutte le ossessioni dello scrittore, Myke Enslin.
“La porta che conduceva in camera da letto e quella che dava sul corridoio avevano cominciato a cedere, allargandosi al centro e trasformandosi in varchi adatti a esseri dotati di forme indicibili. La luce diventava sempre più calda e accecante, colmando la stanza di quel bagliore giallo-arancio. Ora vedeva squarci nella carta da parati, pori neri che si dilatavano fino a diventare bocche. Il pavimento sprofondò in un arco concavo e poi lo sentì arrivare, l’abitante della stanza dietro la stanza, la cosa nelle pareti, il padrone dalla voce stridente”.
Non esiste un Dolphin Hotel, nella Sessantunesima, all’angolo con la Quinta Avenue, a New York… ma, se doveste trovarlo, per favore, NON chiedete la stanza 1408!
In questo blog tornerò a commentare i libri di King, che non considero affatto letteratura di serie B, anche se il loro cielo non è quello della perfezione.
“Qualche volta leggi per il gusto della storia: non fare come quegli snob che si attaccano alla forma. Qualche volta leggi per il piacere delle parole: non fare come quei timorosi che hanno paura di non capire. Ma quando trovi un libro che ha insieme una bella storia e un bel linguaggio, tienilo a cuore.”
S. KING