Il mio re è tornato!
Colpita da una sorta di… consonanza, ospito qui un Orfeo capovolto, quello di Cristina Bove.
ORFEO
Non si può percepire la metà del tempo e nemmeno la metà del buio.
Entrambi sono interi e si sperimentano solo inoltrandosi in essi, facendosene avvolgere.
Chiamavo i minuti prigionieri e ultimi, solo così potevo immergermi tra i cerchi di fuliggine e le stelle.
Non lo sapevano i dèmoni né gli angeli, potevano sospettarlo le mènadi, ma non avrebbero parlato, mai.
I luoghi oscuri sono quelli dove le parole sono scritte sul nero e si leggono a stento, e si racconta di umori e umori in simmetrie carnevalesche.
La realtà, il vivere reale, è gesto e abbraccio, occhi nel giorno.
Non un solo momento ero distante, il mio pensiero ritornava a te, anche se non mi era chiara la motivazione.
Fu il rispetto a fermarmi. Io che non ho rispetto di me stesso. Che altrove nuoto, mitridizzato in lunghe notti liquide, toccato amaramente alle consegne e cambi di staffetta. In contorsioni che tu non puoi nemmeno immaginare. Bisogna che riascolti i miei silenzi, le mie muraglie assorte, la mia cetra.
Lo farai.
Ma non avrai il sospetto della verità nuda, tu non sapresti reggerla, ed è per questo che mi sono fermato.Tra quelli che invano cercheresti di capire, nei transiti in corridoi ipogei: normalità acquisite, per me. Per te l’inconcepibile.
Ti ho respinta con l’inganno di chi non può che andare, essendo questo l’unico gesto somigliante all’amore.
Non potrai seguirmi nei luoghi dove l’anima si arrende e chiama stelle i bulbi delle calle.
E non mi volterò.
Ti condurrò lontano da questo mondo di traffici e menzogne che ci convoglia sempre più veloce nei depositi foschi della mente. Mi dimenticherai per altre mille eternità, in terre parallele e capovolte, in dimensioni sconosciute.
Non sarai tu a morire, mia Euridice, ma io, che non mi sono più voltato, che ho preferito farti strada e, senza guardarti, sono fuggito all’apparire delle prime luci, affidandoti all’alba.
Io non proseguo, resterò nell’ombra.
E tu mi perdi qui, sola nel sole.
Chissà, forse tra tempi incalcolabili, sarai tu che mi verrai a cercare.
“Il mio Orfeo resta nell’erebo, perché riconosce di non essere ancora degno della luce.
Non si è girato come nel mito, ma ha scortato la sua Euridice affinché fosse libera. Ha scelto di restare lui, nell’ombra.”
CRISTINA BOVE
Jean-Baptiste-Camille Corot
E infine anche il mio Orfeo capovolto, frammisto a Lot, che diventa una statua di sale per essersi, al contrario, voltata indietro.
ORFEO
Non sei Orfeo
non ti volti a guardare
non cerchi
la perduta Euridice
non hai cellule vive
nel cuore
già di sale
e non si torna
dai sentieri dell’Ade.
Federico Cervelli (1625 – 1700), “Orfeo ed Euridice”
Fondazione Querini-Stampalia, Venezia (Italia)
Orfeo nel mito
La sua fama è legata soprattutto alla tragica vicenda d’amore che lo vide unito alla ninfa Euridice: Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo penetrò allora negli inferi incantando Caronte con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero, il guardiano dell’Ade. Persefone, commossa dal suo dolore e sedotta dal suo canto, persuase Ade a lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Ade accettò, ma a un patto: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta dell’Ade senza voltarsi mai all’indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, e credendo di esser già uscito dal Regno dei Morti, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e si voltò, per vedere Euridice scomparire all’istante e tornare tra le Tenebre per l’eternità. Orfeo, secondo il mito, da allora rifiutò il canto e la gioia, offendendo le Menadi, seguaci di Dioniso che lo uccisero e lo dilaniarono, si nutrirono di parte del suo corpo e ne gettarono la testa nell’Erebo. La testa scese fino al mare e da qui all’isola di Lesbo, dove la testa fu sepolta nel santuario di Apollo. Il corpo venne seppellito dalle Muse ai piedi dell’Olimpo. La sua lira venne invece infissa nel cielo, e formò una costellazione.
Un’altra versione, più drammatica e commovente, parte dalle stesse premesse: Euridice muore uccisa da un serpente mentre scappa dalle grinfie di Aristeo. Orfeo decide allora di andarla a riprendere. Dunque, trova a Cuma la discesa per gli Inferi. Giunto lì incanta Caronte, Cerbero e Persefone. Ade acconsente a patto che egli non si volti fino a che entrambi non siano usciti dal regno dei morti. Insieme ad Hermes (che deve controllare che Orfeo non si volti), si incamminano ed iniziano la salita. Euridice, non sapendo del patto, continua a chiamare in modo malinconico Orfeo, pensa che lui non la guardi perché è brutta, ma lui, con grande dolore, deve continuare imperterrito senza voltarsi. Appena vede un po’ di luce, Orfeo, capisce di essere uscito dagli Inferi e si volta. Purtroppo, però, Euridice ha accusato un dolore alla caviglia morsa dal serpente e, dunque, si è attardata… Quindi, Orfeo ha trasgredito la condizione posta da Ade. Solo ora Euridice capisce e, all’amato, sussurra parole drammatiche e struggenti: «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi». Si danno poi la mano, consapevoli che quella sarà l’ultima volta. Drammatica anche la presenza di Hermes che, con volto triste ed espressione compassionevole, trattiene Euridice per una mano, perché ha promesso ad Ade di controllare ed è ciò che deve fare. Orfeo vede ora scomparire Euridice e si dispera, perché sa che ora non la vedrà più. Decide allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Un gruppo di Baccanti ubriache, poi, lo invita partecipare ad un’orgia dionisiaca. Per tener fede anche lui a ciò che ha detto, rinuncia, ed è proprio questo che porta anche lui alla morte: le Baccanti, infuriate, lo sbranano e gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente, prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione.
Orfeo nell’arte
Poliziano
Fabula di Orfeo, 237.: “Io te la rendo, ma con queste leggi: / che lei ti segua per la ceca via / ma che tu mai la sua faccia non veggi / finché tra i vivi pervenuta sia!“).
Ovidio
“Si prendeva un sentiero in salita attraverso il silenzio, arduo e scuro con una fitta nebbia. I due erano ormai vicini alla superficie terrestre: Orfeo temendo di perderla e preso dal forte desiderio di vederla si voltò ma subito la donna fu risucchiata, malgrado tentasse di afferrargli le mani non afferrò altro che aria sfuggente. Così morì per la seconda volta ma non si lamentò affatto del marito (di cosa avrebbe dovuto lamentarsi se non di essere stata amata così tanto?) e infine gli diede l’estremo saluto.” (Ovidio, Metamorfosi, IV, 53 sgg)
Virgilio
: “Euridice” diceva “O mia misera Euridice!” / E lungo il fiume le rive ripetevano “Euridice”. (Virgilio, Georgiche, IV, 525.). Così Zeus, commosso, deciderà di mettere la testa di Orfeo in mezzo al cielo, nella costellazione della Lira.
Seneca:
“cessava il fragore del rapido torrente, e l’acqua fugace, obliosa di proseguire il cammino, perdeva il suo impeto … Le selve inerti si movevano conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi volava, commuovendosi nell’ascoltare il dolce canto, perdeva le forze e cadeva … Le Driadi[ninfe dei boschi], uscendo dalle loro querce, si affrettavano verso il cantore, e perfino le belve accorrevano dalle loro tane al melodioso canto …”).
Museo Archeologico di Napoli.
Euridice è al centro della scena, e poggia la sua mano sinistra sulla spalla di Orfeo, con un gesto pieno di tenerezza e rassegnazione. Ma Orfeo è inconsolabile e con la sua mano tocca la mano di lei, una carezza che è anche un inutile tentativo di trattenerla.
Inutile, perché Hermes psycopompos ha intrecciato il suo braccio al braccio destro di lei, e con dolcezza ma anche con determinazione la trattiene accanto a sé: il suo compito sarà riportarla di nuovo, e stavolta per sempre, negli Inferi.
Nemmeno una parola, solo la forza dei gesti per rendere il dolore del distacco tra i due innamorati, e la inevitabilità del destino.
La letteratura, l’arte in genere, si sono ampiamente nutrite del mito di orfeo, così come possiamo vedere nell’elenco seguente, tratto da Wikipedia:
Letteratura
Saggi critici
Musica
Pittura
Scultura
Cinema
Fumetto
E ora un piccolo sorso di Pavese, con i Dialoghi di Leucò
L’inconsolabile
Il sesso, l’ebbrezza e il sangue richiamarono sempre il mondo sotterraneo e promisero a più d’uno beatitudini ctonie. Ma il tracio Orfeo, cantore, viandante nell’Ade e vittima lacerata come lo stesso Dionisio, valse di più.(Parlano Orfeo e Bacca).
Orfeo: E’ andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle ombre. Erano già lontani Cocito, lo Stige, la barca, i lamenti. S’intravvedeva sulle foglie il barlume del cielo. Mi sentivo alle spalle il fruscìo del suo passo. Ma io ero ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci, che ciò ch’è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com’era prima; che un’altra volta sarebbe finita. Ciò ch’è stato sarà. Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo traversato e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi “Sia finita” e mi voltai. Euridice scomparve come si spegne una candela.
Sentii soltanto un cigolìo, come d’un topo che si salva.
Bacca: Strane parole, Orfeo. Quasi non posso crederci. Qui si diceva ch’eri caro agli dèi e alle muse. Molte di noi ti seguono perché ti sanno innamorato e infelice.
Bacca: …
Eri tanto innamorato che – solo tra gli uomini – hai varcato le porte del nulla. No, non ci credo, Orfeo. Non è stata tua colpa se il destino ti ha tradito.
Orfeo: Che c’entra il destino. Il mio destino non tradisce. Ridicolo che dopo quel viaggio, dopo aver visto in faccia il nulla, io mi voltassi per errore o per capriccio.
Bacca: Qui si dice che fu per amore.
Orfeo: Non si ama chi è morto.
Bacca: Eppure hai pianto per monti e colline – l’hai cercata e chiamata – sei disceso nell’Ade. Questo cos’era?
Orfeo: Tu dici che sei come un uomo. Sappi dunque che un uomo non sa che farsi della morte. L’Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che Euridice non sa. L’ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho visto le ombre irrigidirsi e guardar vuoto, i lamenti cessare, Persefòne nascondersi il volto, lo stesso tenebroso-impassibile, Ade, protendersi come un mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla.
Bacca: Il dolore ti ha stravolto, Orfeo. Chi non rivorrebbe il passato? Euridice era quasi rinata.
Orfeo: Per poi morire un’altra volta, Bacca. Per portarsi nel sangue l’orrore dell’Ade e tremare con me giorno e notte. Tu non sai cos’è il nulla.
Bacca: E così tu che cantando avevi riavuto il passato, l’hai respinto e distrutto. No, non ci posso credere.
Orfeo: Capiscimi, Bacca. Fu un vero passato soltanto nel canto. L’Ade vide se stesso soltanto ascoltandomi. Già salendo il sentiero quel passato svaniva, si faceva ricordo, sapeva di morte. Quando mi giunse il primo barlume di cielo, trasalii come un ragazzo, felice e incredulo, trasalii per me solo, per il mondo dei vivi. La stagione che avevo cercato era là in quel barlume. Non m’importò nulla di lei che mi seguiva. Il mio passato fu il chiarore, fu il canto e il mattino. E mi voltai.
Cesare Pavese – Dialoghi con Leucò
Sitografia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Orfeo
http://www.elicriso.it/it/mitologia_ambiente/orfeo_euridice/
http://web.tiscali.it/mitologia/Orfeo_&_Euridice.htm
http://vitanonlongaest.blogspot.com/2008/04/linconsolabile-orfeo-di-pavese.html
La verità è per gli dèi: dal punto di vista umano,
la verità è un ideale a cui possiamo accostarci,
ma che non possiamo sperare di raggiungere.
Bertrand Russell
LA MADRE – Arrivo trafelata. Vorrei nascondermi e invece sono qui, in lacrime, tremo e non riesco a controllarmi, per raccontarle l’ennesimo gesto di follia dell’uomo che un tempo ho amato. Mi picchiava selvaggiamente, mi violentava, non potevo gridare per timore di svegliare i bambini…
IL PADRE – …i bambini: dovevo salvarli. Ho fatto tutto per loro. Lei è folle. Non è facile accorgersene. Ha una doppia personalità. Per questo riesce a ingannare tutti. Come potevo lasciarle vedere ancora i miei figli? Lei e i suoi santini! Ne tappezzava la casa, in preda alle furie mistiche e con la stessa facilità li strappava e se ne liberava. I bambini non potevano neanche rivolgerle la parola quando era in quello stato; era capace di picchiarli a sangue, di morderli, dovevo sempre intervenire per strapparglieli dalle mani, li strattonava fino a farli urlare…
LA ZIA – …urlare, urlare. Ricordo solo le urla. Ogni volta che andavo a trovarli mi accoglievano le loro piccole voci. O un silenzio innaturale. Ci vorrebbero giorni per fare il resoconto degli orrori a cui ha sottoposto i bambini per anni. Dovevamo salvarli. Solo ora mangiano e ridono, stanno riacquistando la loro serenità.
Li lasciava fuori in terrazza, nudi. Li chiudeva a chiave in uno stanzino e li lasciava gridare fino allo sfinimento. Non preparava loro da mangiare, pensava solo a se stessa, non era in grado di occuparsi di loro…
IL MARESCIALLO – …occuparsi di loro? Le sembrava in grado? Non dovrei dire quello che penso, non dovrei avere un’opinione personale, ma credo che l’unica persona da sottoporre a perizia psichiatrica sia lui, non lei. Comunque, devo farle lo stesso queste domande:
-Lei ha mai notato qualcosa di strano? I bambini sono mai arrivati a scuola con vestiti femminili? Si sono mai travestiti in classe? Truccati? Hanno mai mostrato atteggiamenti ambigui? So che le sembra strano, ma la prego di rispondere sinceramente: le sembrava una madre affettuosa quando accompagnava a scuola i figli? È mai venuto a prenderli il marito?
LA PSICOLOGA – Il marito afferma che la signora avrebbe voluto una femmina e, non tollerando la nascita di un altro maschio, ha tentato in tutti i modi di realizzare il proprio desiderio forzando i bambini a cose non consone alla loro età e al loro sesso. Ha provocato in loro gravi turbe, ha interferito nello sviluppo della loro personalità, ha deviato il consolidamento dell’identità sessuale.
I bambini appaiono scossi; solo sentir pronunciare il nome della madre li precipita nel panico. I loro disegni esprimono chiaramente tale fragilità. Hanno crisi incontrollabili di pianto…
LA VICINA – …pianto. Sì, la notte sentivo il suo pianto. Prima le urla. Poi lui sbatteva la porta e tornava solo al mattino.
La vedevo in piena estate con le magliette a maniche lunghe. Le chiedevo il perché di quell’abbigliamento e mi rispondeva di avere freddo. Ho sospettato subito che all’origine di questa stranezza ci fossero le percosse del marito e non il freddo.
Ho tentato di parlarle più di una volta, di convincerla a uscirne fuori.
Non esiste un motivo valido per picchiare una donna: tua moglie può tradirti, può essere una prostituta, un’assassina persino, ma niente ti autorizza a toccarla. Non posso giustificare in alcun modo un uomo che fa pesare la sua forza fisica, che la usa per dominare un essere umano, per tenerlo in proprio potere. Lei mi fa pena, vedo che non reagisce…
LA MAESTRA – …non reagisce. Solo lacrime. Trema. E’ davanti a me, disarmata. A fatica riesce a parlare. Mi chiede dei bambini. Forse avrebbe voluto vederli, magari per un attimo. Se io fossi in lei? Forse avrei già commesso qualche sciocchezza. Se mi impedissero di vedere i miei figli, io credo che arriverei ad uccidere! Eppure lei è sempre rimasta calma, fino a oggi, e l’ho ammirata per questo.
Dal quotidiano L’Isola:
“Si uccide perché le negano la custodia dei figli. La donna è stata ritrovata ai piedi della scogliera di Montereale. Si pensa a un gesto dettato dalla disperazione. Nessun biglietto”
La lettera fu ritrovata parecchio tempo dopo dall’insegnante, a scuola, ben nascosta nel cassetto dell’armadio. Conteneva un addio accorato ai bimbi da parte di una madre senza più speranza.
Potrei dire che ogni analogia con fatti reali è del tutto involontaria.
Questa purtroppo è una storia vera, di ordinaria violenza e follia.
Miriana (la chiamerò così) non si è suicidata, non l’avrebbe mai fatto per non abbandonare i suoi figli: la sua esistenza si è spenta sul selciato, in un vicolo, in una pozza di sangue. E’ stata uccisa, è morta per eccesso d’amore.
Ho scritto queste scarne parole poco prima che accadesse l’evento finale, perché ammiravo la sua forza, il coraggio e la tenacia, ammiravo la sua dignità nel dolore che le scarnificava il cuore. Mi chiedevo se al suo posto avrei reagito come lei, fiduciosa nella giustizia che guardava con i suoi occhi grandi, uguali a quelli del figlio.
Ora mi pare di essere stata una triste Cassandra.
Addio Miriana, e che nessun’altra donna al mondo debba mai vivere ciò che tu hai vissuto.
http://www.venticinquenovembre.it/donnasemplicementedonna.htm
http://quimineo.netsons.org/?p=5149
PREMIO LETTERARIO “Donna semplicemente Donna”
Gli esiti della premiazione:
Sezione Inedito
1a classificata Gabriella Rossitto “Quale verità”
2a classificata Nicoletta Calvello “Annientarsi”
3a classificata Rosalia Lo Cascio “Bambole”
PREMIO DELLA GIURIA
Angelica Dell’Omo “La storia più bella”
Anna Lisa Maugeri “Iris in bianco e nero”
Antonella Scaramuzza “Magico specchio”
Cassandra Venturini “Vent’anni dopo”
Cristina Lanaro “In attesa di giudizio”
Dora Millaci “Il dolore nascosto”
Francesca Levo Calvi “Una ragazza allegra”
Gerolama Maesano”Ritratto di donna”
Giovanna Li Volti Guzzardi “Il giorno della donna”
Grazia C. Schillirò “Cortese Signore”
Giusi Cattafi “Vita”
Maria Falchi “Indifesa”
Marta Limoli “A volte è per sempre”
Micaela Balice “Giace nella Terra – nuda –”
Niva Ragazzi “Cosa posso fare?”
Renata Di Sano “Sete”
Renata Rusca Zargar “Non sarà un vero ritorno a Muqdisho”
Milly Nale “La rosa sfiorita”
Nadia Galli “Lei”
Nadia Marra “Bianco Natale
“Rossana Sciascia “Ottobre”
Sabrina Balbinetti “Er branco”
Sara Aguiari “L’Angelo nero”
Sara Bassi “Fior di donna”
Silvana Calanna “Donne d’Afghanistan”
Simona Corbo “Le terre popolate dai gridi di nidi e sussurri di venti”
Violeta “Silenzio”
Sezione Edito
1a classificata Amilca Ismael “La casa dei ricordi”
2a classificata Mariella Mulas “Al rumore di risacca l’onda della vita”
3a classificata Sara Aguiari “Un marchio nell’anima”
PREMIO DELLA GIURIA
Ada Fichera “Al di là del silenzio”
Alda Visconti Tosco “L’ospite molesto”
Antonella Senese “Un attimo Eterno da rivivere all’infinito”
Antonia Belvedere “L’aquilone”
Beatrice Gradassa “Lievi umane imperfezioni”
Bojana Bratic Ivic “Voci di donne della ex Jugoslavia”
Chiara Del Soldato “Non sempre la stessa storia”
Chiara Rossi “Il genio delle donne”
Carmela Tuccari “Fiorite da ceneri di lava”
Maria Teresa Amore “Voci dal silenzio”
Rosanna Sciacca “Le cascine di Adele”
Silvia M. Damiani “Le voci di Nike”
Paola Pellegrini “Rime vaganti”
Katia Brentani “Couscous & Tortellini”
Michela Zanarella “Vita – Infinito – Paradisi”
Micaela Balice “Cenerentiola balla sola”
Bruna Mainardi “I toni del grigio”
Mariella Sudano “Azzurro Gusto”
Gabriella Rossitto “Segrete stanze”
Angela Agnello “La bimba invisibile”
Dominga Carrubba “Cimeli di Organza”
Dubravka Silvia Cikron Corbellini “7 prove per Clarence”
I libri pervenuti al Premio andranno a formare una “biblioteca di autrici contemporanee” che sarà realizzata presso la sede dell’AICS comtato provinciale di Catania che a breve sarà inaugurata.
Il racconto Quale verità è dedicato a una persona che non c’è più. Una DONNA che ha amato più di se stessa i propri figli e che per questo è stata uccisa. Una donna che ha sempre mantenuto ragionevolezza, decoro, lucidità e fiducia nella giustizia anche in mezzo all’inferno.
Una donna i cui occhi ricorderò per sempre.
Il logo della giornata è di Mariella Sudano
Per il resoconto completo della giornata:
CONTRO LA VIOLENZA
SEMPRE
GLI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA |
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CATANIA – RIPOSTO – VIAGRANDECatania Giovedì 25 novembre 2010Ore 9.30 Sala Dusmet Ospedale GaribaldiPiazza Santa Maria di Gesù, 5, Catania– Saluti del |
http://www.akkuaria.com/25novembre/index.htm
Patria Mercedes (27 febbraio 1924 – 25 novembre 1960), Minerva Argentina (12 marzo 1926 – 25 novembre 1960) e Antonia María Teresa Mirabal (14 ottobre 1936 – 25 novembre 1960) sono state tre sorelle dominicane che si opposero alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo.
Le sorelle crebbero in Ojo de Agua a Salcedo, Repubblica Dominicana. Quando Trujillo (con l’appoggio degli Stati Uniti d’America) salì al potere, la loro famiglia (come molte altre nel paese) perse quasi totalmente i propri beni, prima nazionalizzati, poi incamerati direttamente dal dittatore nei suoi beni privati. Le sorelle animarono un movimento democratico chiamato 14 di Giugno, e lì conquistarono il soprannome di Farfalle. Furono incarcerate in varie occasioni, ma non abbandonarono mai la lotta contro la dittatura. Il 25 novembre del 1960 Trujillo inviò degli uomini ad intercettare la macchina su cui viaggiavano dopo aver visitato i mariti in prigione, le sorelle, totalmente disarmate, furono portate in una piantagione di canna da zucchero, bastonate e strangolate, quindi la loro auto venne fatta cadere in un burrone perché sembrasse un incidente.
Trujillo credette di aver eliminato un problema, ma la morte delle sorelle Mirabal causò grandi ripercussioni nell’opinione pubblica dominicana (nonostante la censura), molte coscienze si scossero e il movimento culminò con l’assassino di Trujillo nel 1961.
Nel 1995 la scrittrice dominicana Julia Álvarez ha pubblicato il libro Il tempo delle farfalle, da cui è stato tratto nel 2001 il film In the Time of the Butterflies conSalma Hayek nel ruolo di Minerva.
Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la risoluzione 54/134 con cui scelse la data del 25 novembre per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in omaggio alle sorelle Mirabal.
Jaime David Fernandez Mirabal, un figlio della quarta sorella Mirabal, Bélgica Adela “Dedé” Mirabal-Reyes (inizialmente non coinvolta nel movimento contro Trujillo), è membro attivo del Partito della Liberazione Dominicana (PLD) e ha ricoperto la carica di vice-presidente della Repubblica dal 2000 al 2004 durante il primo periodo della presidenza di Leonel Fernandez.
fonte Wikipedia
Piazza Federico II di Svevia , 95121 – Catania
domenica e festivi chiuso
da lunedì a sabato 9.00 – 13.00/15.19.00
A Catania “Modigliani, ritratti dell’anima”, l’universo artistico e umano del maestro di Livorno.
Opere e documenti d’epoca ripercorrono la vita del ritrattista erede della tradizione rinascimentale toscana
Al Castello Ursino anche “Agatae”, inedito disegno dedicato alla santa patrona di Catania.
Un centinaio di opere d’arte fra disegni, oli, sculture e poi fotografie, taccuini, lettere, cartoline e persino le pagelle scolastiche di Amedeo Modigliani (Livorno 1884 – Parigi 1920) ricostruiranno a Catania, dall’11 dicembre all’11 febbraio 2011, per la mostra”Modigliani, ritratti dell’anima”, il percorso artistico e umano del grande genio toscano: un itinerario, quello della sfera affettiva e delle sue ripercussioni sull’opera, mai indagato sinora. A fare da viatico il “Diario della madre”, una sorta di giornale di famiglia che Eugénie Garsin-Modigliani cominciò a scrivere nel 1886.
A partire dall’11 dicembre all’11 febbraio 2011, la splendida fortezza medievale del Castello Ursino di Catania, realizzata daFederico II di Svevia, ospiterà la mostra dal titolo “Modigliani, ritratti dell’anima”, organizzata dal “Modigliani Institut Archives Légales, Paris-Rome”, in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali, il Comune di Catania e il coordinatore delle collezioni dell’artista, Giovanni Gibino, su iniziativa del Sindaco, Raffaele Stancanelli, e dell’Assessore alla Cultura e ai Grandi Eventi del Comune di Catania, la stilista Marella Ferrera.
In esposizione vi saranno circa un centinaio di opere d’arte: disegni, quadri olio su tela, sculture, fotografie, ma anchelettere, cartoline e persino le pagelle di scuola dell’artista, disposti in modo da ripercorrere il percorso artistico e personale, fino ad ora mai esplorato, dell’artista.
Della mostra ha parlato così Christian Parisot, Presidente del Modigliani Institut: “Sarà come raccontare per immagini e con il supporto delle singolari e affettuose testimonianze di familiari e amici, la vita e l’opera dell’artista che più di ogni altro, pur vivendo e lavorando a Parigi, ha mantenuto forte e visibile il suo legame con l’Italia”.
E aggiunge Chiara Filippini, autrice di uno dei saggi in catalogo “Modigliani rimane per sempre un italiano: lo ricordano le sue modelle, dichiarando che mentre dipingeva parlava da solo in italiano, lo ricordano gli amici ed i suoi mercanti, raccontando di come amasse citare Dante e professare apertamente le sue origini, in una Parigi nella quale essere italiano non era certo una grande nota di merito”.
Si occuperà del coordinamento del comitato scientifico Claudio Strinati, Soprintendente del Polo Museale di Roma che così ha ricordato l’il pittore: “E’ l’artista che si pone come trait-d’union tra tutte le correnti d’avanguardia, dall’Italia alla Francia, identificabile in quella sua particolare espressione pittorica, tra l’innovazione parigina e la continuazione della tradizione figurativa livornese. Il segno, la grafia e la pittura di Modigliani sono di una qualità estrema, introversa, introspettiva, votata al ritratto”.
Il tutto nella cornice medievale catanese affascinante e suggestiva del Castello Ursino: una mostra da non perdere.
Martina Guastella
http://www.newnotizie.it/2010/11/18/modigliani-al-castello-ursino-di-catania-ritratti-dellanima/
A fare da viatico il ‘Diario della madre’, una sorta di giornale di famiglia che Eugenie Garsin-Modigliani cominciò a scrivere nel 1886. La mostra, ospitata nel museo civico Castello Ursino, è organizzata dal Modigliani institut archives Legales Paris-Rome in collaborazione con il ministero dei Beni culturali e il Comune di Catania.
In mostra, secondo un ordine cronologico che prende il via dalla nascita dell’artista definito dalla madre “un raggio di sole fatto bambino”, saranno 25 disegni, 4 oli su tela, 5 sculture, oltre a 7 disegni, realizzati tra il 1909 e il 1919 nel quartiere di Montmartre di Parigi. Tra le opere esposte anche un inedito: un disegno di Modigliani che rappresenta Sant’Agata, la Patrona di Catania.
L’assessore comunale alla Cultura, la stilista Marella Ferrera, confessa il proprio stupore ed emozione nello “scoprire all’improvviso, tra le pieghe del progetto dell’Archivio Modigliani, il disegno raffigurante una Sant’Agata, a sua firma, ritrovato a Londra”.
Sarà la prima volta in cui viene esposto Modigliani per Catania e per il Castello Ursino, già teatro di esposizioni di livello mondiale dedicate a Warhol, Dalì e Guttuso.
http://www.eventi-sicilia.it/eventi/mostre-sicilia/catania-mette-in-mostra-modigliani/
Recensione condivisibile?
Con qualche perplessità. Ma l’imperfezione può essere comunque godibile.
http://www.cineblog.it/post/25177/roma-2010-last-night-recensione-in-anteprima
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