Il giovane artista catanese Savio Pagano, giunto al suo quindicesimo giorno di sciopero della fame, anche se a malincuore, decide liberamente, coscientemente e razionalmente di interrompere la protesta avviata, lasciandosi però la libertà concettuale di ri-intraprenderla in futuro dato ché i fondamenti della propria protesta non sono in alcun modo cambiati e tantomeno si sono affievoliti.
L’artista, provato più dalle lunghe riflessioni che dal lungo digiuno eseguito, in questi giorni si è reso conto dell’oscurantismo delle coscienze e dell’arretratezza culturale del proprio contesto sociale. Fattori troppo importanti per poterli ignorare solo per continuare a manifestare. Di fatto, ogni suo sforzo sarebbe risultato vano se avesse continuato unicamente per una questione di “orgoglio” e non più per la nobiltà del concetto in sé.
In questi giorni, per l’appunto, sono emerse reazioni disfattiste da parte di talune persone che, oppresse dalla propria ignoranza sull’argomento, stavano cercando di ostacolare la protesta coinvolgendo settori del tutto inopportuni, come per esempio la “psichiatria”.
Tali condotte, irrispettose, ipocrite e capaci di minare, nonché segnare negativamente l’immagine futura di un individuo, sono alla base della sospensione dello sciopero. Savio Pagano si è perciò reso conto che nel suo contesto sociale non si hanno ancora le giuste cognizioni storico-culturali per comprendere appieno un “digiuno per protesta”, scambiato erroneamente per qualcosa più vicino al desiderio di suicidio, alla patologia o comunque, a qualcosa che non rispecchia affatto la realtà dei fatti.
Con la sospensione dello sciopero della fame, Savio Pagano ha ulteriormente dimostrato il proprio livello di cultura e sensibilità, avendo ancora una volta messo avanti ai propri bisogni quelli del prossimo. Pertanto, egli si prefigge l’obbiettivo di diffondere la cultura e il vero significato di azioni pacifiste come lo sciopero della fame.
A maggior ragione, avendo notato nei giovani un notevole distacco o addirittura di biasimo nelle rimostranze pacifiche, si impegna di diffondere la cultura della “pace” come unica arma futura per migliorare le condizioni umane, poiché è assolutamente da condannare qualunque forma di violenza che induca un “uomo” ad aggredire un altro “uomo”.
Ad approfondire il concetto di sciopero della fame si riporta l’articolo supplicato sul sito dell’Associazione 25 Novembre Giornata Mondiale contro la Violenza alle donne
Inedia
Di Sara Aguiari
“Tutto l’Universo si muove in conseguenza a qualcosa che s’è mosso in precedenza. In effetto di ciò, la [non] originalità delle idee e delle azioni umane, in continua evoluzione, pur potendo assomigliarsi non potranno mai essere quelle stesse”.
Il digiuno è una pratica antichissima. Originariamente esso costituiva una usanza di carattere mistico-religioso con la quale le persone intendevano purificarsi nel corpo per avvicinarsi alle divinità. Successivamente assunse anche valenza medico-scientifica ed introdotto nella scienza medica con significati e scopi terapeutici. In tempi più recenti poi (come ultima risorsa verso la via della speranza), il digiuno è stato scelto altresì come forma pacifica nel manifestare proteste legate alla politica, all’etica, a disagi sociali e quant’altro. Comunemente detto “sciopero della fame”, questa forma di digiuno viene intrapresa dai pacifisti che, invece di armarsi per combattere il “nemico” in maniera violenta, scelgono di rinunciare di cibarsi, quindi di sacrificarsi facendo “la fame”, deperendo dentro se stessi l’aggressività. Ed è da questo punto cardine che il digiuno, come forma di protesta, affonda le proprie convinzioni etiche, morali e socio-culturali.
Astenendosi dall’ingerire il cibo, il protestante pacifista, oltre a far deperire dentro sé ogni sentimento di aggressività, porta a conoscenza il suo “nemico”, che così facendo egli intende porgergli la massima fiducia che si potrebbe concedere al prossimo, al fine ultimo di rivoluzionargli la coscienza e “vincere insieme”. Al “nemico” infatti, il digiunante offre letteralmente il proprio corpo, che viene di proposito indebolito con la mancanza del nutrimento, allo scopo di renderlo inabile a qualunque forma di lotta materiale, fisica e violenta.
Lo sciopero della fame è per questi motivi la forma di protesta più altruista e dignitosa in assoluto. Essa infatti viene consumata silenziosamente senza mai generare disordine o disagio alla comunità e ciò avviene perché il digiunante, oltre ad onorare il proprio “nemico”, si cura di trasferire l’equivalente rispetto alla collettività. Al contrario di quanto avviene in altri modelli di rimostranze dove, inevitabilmente, l’intera o parte della comunità viene coinvolta patendone i disagi.
Nonostante tutti i nobili propositi di questa forma di protesta, molte persone in Italia hanno la tendenza a disapprovarla o addirittura ad emarginarla, come se si trattasse di qualcosa più vicino alla “pazzia”, alla “patologia”, all’essere “degenerati” che non a ciò che in realtà rappresenta, ovvero: un altissimo senso di civiltà, di coscienza interiore e di appartenenza a quell’unico grande disegno della vita che include e lega l’un l’altro, ogni essere vivente.
Molto probabilmente questo fenomeno di pregiudizio sociale è mosso, più che dal buonsenso, dalla scarsa conoscenza del tema in sé, spesso mascherato dai tabù o confuso con problematiche individuali per nulla attinenti al caso specifico, come per esempio possono essere “l’inappetenza”, “l’anoressia” o addirittura “il desiderio di suicidarsi”. È corretto perciò chiarire che nulla di tutto ciò appartiene al reale significato del digiuno intrapreso come sciopero della fame e che al contrario, tale protesta nutre del più alto rispetto per la vita e per la sua integrale conservazione e che, cosa molto importante, esso si propone solo per un determinato numero di giorni e, il più delle volte, sotto stretto controllo medico.
Esistono comunque casi in cui lo sciopero della fame è stato causa di morte per alcuni. Casi perlopiù collegati alla prigionia forzata, dove il prigioniero decide di non nutrirsi più sino alla morte. Personalmente, preferisco paragonare questi disperati casi umani alle semplici Capinere che, una volta catturate ed ingabbiate, scelgono di lasciarsi morire di fame per riappropriarsi della loro naturale libertà.
Un dato socialmente interessante emerge invece dal fatto che ogni giorno, nella società occidentale perciò anche in Italia, qualcuno e per differenti motivi, da qualche parte intraprende lo sciopero della fame. Proteste importanti che però non godono di alcuna visibilità o risonanza, poiché nessuno dei mezzi comunicativi (come giornali o tv), le divulga. Il motivo di questo silenzio mediatico, specialmente nel nostro paese, risiede primariamente nel volere politico, una casta poco attenta ai bisogni del popolo e men che meno propensa a volersi confrontare con uomini o donne con reali valori morali, etici e di incorruttibilità. Più di tutto però, i politici stanno ben attenti a fare in modo che nessuno di questi casi di sciopero della fame venga sottoposto all’opinione pubblica, dacché il risveglio delle coscienze nella popolazione potrebbe certamente ripercuotersi negativamente contro loro stessi e contro i loro indegni interessi.
Resta di fatto che solo in questo primo mese del nuovo anno, nell’intera penisola, isole incluse, sono davvero molte le persone che hanno deciso di abbracciare il digiuno come protesta, affamando se stessi in nome di un ideale, di un diritto mancato, un’ingiustizia, per amore del proprio paese. E pure gli anni passati sono gremiti di queste azioni pacifiche di protesta, solo che nessuno di chi avrebbe avuto il dovere di farlo ha avuto il coraggio di affrontare l’argomento e renderlo noto.
Qui di seguito alcuni dei casi del momento:
· In Sardegna, a metà gennaio ha avuto inizio uno singolare “sciopero della fame a staffetta”, per non lasciar morire di fame la scuola italiana, messa a digiuno dal taglio selvaggio delle risorse finanziarie. L’iniziativa porta la firma del Coordinamento precari di Oristano e ha già raccolto adesioni da tutta la penisola e persino in Grecia. Al momento hanno aderito: insegnanti precari, docenti di ruolo, dirigenti scolastici, personale Ata, studenti liceali e universitari e due sindaci, quelli di Marrubiu e di Villaverde.
· Giuseppe Nobile, delegato Usb (Unione sindacale di base) della sede Inps del Vco, a Gravellona Toce, intraprende lo sciopero della fame i primi di gennaio, per protestare contro i tagli imposti dal governo Monti.
· Jean Carlo Mattoni, atleta che vive a San Benedetto del Tronto, ha intrapreso lo sciopero della fame i primi di gennaio, per problemi inerenti al proprio lavoro.
· A Palermo, Martino Morsello, uno dei capi del Movimento dei Forconi, il 18 gennaio ha iniziato lo sciopero della fame per via delle infamanti accuse di infiltrazioni mafiose tra i manifestanti del proprio movimento.
· A Palermo, Ignazio Cutro’, imprenditore antiracket e testimone di giustizia, ha intrapreso dal 16 gennaio lo sciopero della fame e della sete rimanendo fisicamente sotto Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione, per far sì che vengano rispettate le procedure ed consentirgli di avere il Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva, è un certificato unico che attesta la regolarità di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali) e poter così tornare a lavorare.
· In Piemonte, Salvatore Grizzanti e Igor Boni, due giovani impegnati in politica nel partito radicale, hanno intrapreso lo sciopero della fame nella prima metà di gennaio, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni delle carceri piemontesi e per chiedere che la Regione nomini un Garante dei detenuti.
· Venezia, Michele Boato, docente di economia, impegnato contro la nocività dell’industria chimica e nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Dai primi di gennaio ha intrapreso lo sciopero della fame perché ha fame di verità sul PAT (Piano di Assetto del Territorio).
· Savio Pagano, giovane artista catanese innamorato della propria patria, dal 16 gennaio ha intrapreso lo sciopero della fame per sensibilizzare la società, ma in particolar modo i giovani artisti, sugli insormontabili problemi che opprimono il Paese, rendendo precaria la vita e buio il futuro.
Cordiali saluti
Sara Aguiari